PD: il gigante d’argilla
Il PD doveva simbolicamente rappresentare la fusione nucleare,
dove atomi diversi si univano sprigionando un’enorme energia da incanalare verso
il benessere e il bene comune.
In realtà, quello che è avvento in questi giorni con l’elezione
del Capo dello Stato, sempre restando nella metafora, rappresenta invece la
fissione nucleare, dove l’atomo si scinde, ma l’energia che rilascia non si ripercuote
beneficamente all’esterno ma fa implodere e distruggere l’atomo stesso.
Il PD aveva in mano tutte le carte giuste per giocare una
partita vincente contro gli avversari politici.
Come spesso è accaduto nella storia seppur breve di questo
partito, però, i primi avversari non sono stati gli altri partiti e movimenti, bensì
le proprie correnti interne, come nella peggiore tradizione democristiana e
comunista.
D'altronde già dopo l’elezione del primo segretario
nazionale, Walter Veltroni, avvenuta nell’ottobre del 2007, si era assistito a
un suicidio politico sorprendente.
Veltroni, appena eletto segretario, dimostrando scarsa
visione politica o grande ambizione, si mise subito in movimento preventivando accordi
con le opposizioni per studiare riforme legislative e istituzionali ma, in realtà, danneggiando
il governo Prodi, già debole di per sé, reggendosi su una minima maggioranza di
due voti al Senato sin dalla sua nascita nel 2006.
Inevitabilmente, quel Governo cadde nel marzo del 2008, materialmente
per il tradimento di alcune persone e aree componenti l’esecutivo, che in
realtà approfittarono principalmente della sconsiderata azione della segreteria
del maggiore partito di governo.
Il danno causato da Veltroni al governo, al suo partito e al
centrosinistra, comunque, fu ancora più ampio riflettendosi anche su Roma,
capitale d’Italia, consegnata alla destra con elezioni anticipate per l’abbandono
della sua carica di sindaco.
Come poteva pensare di vincere le elezioni politiche dopo la
caduta ingloriosa del governo Prodi?
Veltroni è ancora una figura influente nel PD!
Altro esempio del modo di agire del PD è dato dal caso di
Pietro Ichino, sostenitore di una linea diversa da quella del partito sulla
legge di riforma del lavoro.
Il PD ha sopportato che Ichino andasse in tutte le maggiori
trasmissioni televisive a rappresentare la sua linea, confondendo i cittadini
di centrosinistra su quale fosse la vera proposta del partito.
Nessuno ha fatto capire a Ichino, con ogni mezzo compresa l’espulsione,
che il PD è un partito democratico non anarchico.
Tutti possono rappresentare le proprie idee all’interno di un
partito democratico dovendo, però, poi attenersi alle decisioni della
maggioranza, salvo uscire dal partito stesso.
La sopportazione della condotta di Ichino ha portato come
frutto il suo schierarsi con il partito di Monti nelle ultime elezioni
politiche.
Che dire poi delle concessioni di deroghe su deroghe a Matteo
Renzi, assecondando tutti i suoi capricci, dall’adesione allo svolgimento delle
primarie fino alla pretesa assurda di partecipare all’elezione del Capo dello
Stato?
Era necessario dirgli che lo Statuto prevede quale candidato
premier il segretario del partito e, nel secondo caso, che essere sindaco di
Firenze non gli dava nessun titolo a grande elettore?
Quale altro sindaco di grandi città come Roma, Milano,
Torino, Napoli, Palermo, ecc…, ha partecipato all’elezione del Presidente della
Repubblica?
Renzi ha invaso tutti i media con i suoi lamenti e le sue
proteste dando un’immagine negativa del partito.
Oggi ancor di più si candida a guidare il partito e il Paese
proponendo tempi e modi che invadono anche le attribuzioni del Presidente della
Repubblica.
Questa lotta di correnti di potere è emersa in tutta la sua
bassezza nella mancata elezione di un Presidente della Repubblica di
centrosinistra.
La rielezione di Napolitano è una toppa mal posta non
riconosciuta consona da lui stesso e accettata, dopo molti dinieghi,
esclusivamente per il bene dell’Italia.
Le soluzioni a portata di mano erano molteplici, bisognava
solo decidere quale via politica percorrere e seguirla fino in fondo.
Bersani, diciamolo chiaramente, è stato deludente e sconcertante.
Ha condotto una campagna elettorale tutta imperniata sulla
contrapposizione al PDL, ha rifiutato qualunque possibilità d’intesa con quel
partito per la formazione di un governo, ha cercato con insistenza un’apertura
del Movimento 5 Stelle.
Quando quest’ultima, dopo molti altezzosi rifiuti, è arrivata
con la candidatura alla presidenza della repubblica di Stefano Rodotà, uomo
simbolo della sinistra, si è completamente girato dall’altra parte,
contraddicendo tutto quello che aveva detto per mesi e ha fatto un accordo con
Berlusconi per eleggere Franco Marini.
Fallito nelle urne questo tentativo per l’opposizione netta e
trasparente di molti grandi elettori del PD, ha fatto una strabiliante nuova
giravolta proponendo la candidatura di Romano Prodi, che dire malvisto da
Berlusconi e da tutto il PDL è solo un eufemismo.
I grandi elettori, questa volta, all’unanimità hanno
accettato la candidatura Prodi salvo può pugnalarla proditoriamente nel segreto
dell’urna.
Che partito è questo?
Come ci si può fidare dei suoi impegni presi?
Che rappresentatività può avere chiunque lo guiderà in
futuro?
Nessuno ha proposto una seria indagine interna per accertare ed
espellere quelli che hanno tradito la linea concordata.
Si continua a pensare di risolvere i problemi con un nuovo
congresso facendo finta di non capire che se non si passerà dall’anarchia alla
democrazia anche la nuova segreteria fallirà, l’agonia continuerà e Berlusconi
prospererà.
Donato Ceci
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