martedì 16 aprile 2013


DIFFICILE TRANQUILLITA’
 

 La giornata era torrida, la temperatura sfiorava i 38 gradi nonostante la leggera brezza proveniente dalla vicina spiaggia.

La piazza era inondata dal sole e gli scarsi passanti cercavano di mettersi al riparo camminando aderenti ai palazzi nella speranza, spesso vana, di catturare i pochi spicchi di ombra.

I tavolini benedetti dall’ombra di uno dei bar che facevano da cornice alla bella piazza, punto centrale della tranquilla isola pedonale, erano come un sogno, un miraggio da raggiungere al più presto.

Un distinto signore di mezza età in tenuta estiva, vestito con un sobrio bermuda multi tasche verde e una luminosa maglietta color arancio, dopo aver acquistato un giornale all’edicola posta ad uno degli ingressi dell’isola pedonale, trascinandosi quasi senza più forze raggiunse uno degli agognati tavoli del bar.

Si lasciò cadere quasi esanime sulla sedia emettendo un profondo sospiro come a significare che la sua battaglia l’aveva vinta, aveva conquistato il suo posto privilegiato con la sua frescura e il venticello che dal mare posto a poche decine di metri arrivava lì seppure riscaldato dai raggi del sole incandescente.

Il signore stette per alcuni minuti in contemplazione del niente cercando di recuperare forze e respiro, poi, rinfrancato, tirò fuori da una tasca dei bermuda un paio di occhiali da vista e iniziò a sfogliare il giornale.

Il suo volto era finalmente disteso e felice di poter leggere in tranquillità il suo quotidiano, ma ecco che, come dal niente, si materializzò una donna dai lineamenti e abbigliamento gitani con in braccio un piccolo bambino che si avvicinò al suo tavolo e gli chiese l’elemosina.

Il signore fece un cenno di diniego con il capo ma la questuante non mollò la presa allungando in avanti la sua mano che impugnava un liso santino.

Il signore decise di non replicare e fece finta di leggere tranquillamente il giornale.

La mossa ebbe effetto, la donna dopo pochi secondi, che a lui sembrarono lunghissimi, se ne andò.

“Finalmente!” pensò il signore “La tranquillità è riconquistata”.

La gioia durò pochissimo perché si avvicinò un ragazzo di colore che portava un borsone a tracolla e un mazzo di calzini in mano che cercava di vendere.

Ancora un volta il signore disse no, ancora un volta dovette subire le insistenze del venditore e ancora una volta attuò la tattica dell’indifferenza che lo portò nuovamente al successo.

Frastornato ma certo che finalmente la sua tranquillità era assicurata, tentò di riprendere la lettura del giornale.

Ma ecco arrivare un venditore di giornali dall’aspetto indiano.

“Questo venditore non mi importunerà.” pensò il signore “Sicuramente vedrà che un giornale già lo posseggo e lo sto leggendo”

La speranza, però, risultò vana: il venditore si avvicinò e gli offrì il suo giornale.

Ormai esasperato e senza più speranza di passare qualche minuto in pace, il signore, senza quasi accorgersene, disse al venditore: ”Ti vendo il mio giornale a metà prezzo, fai un affare non l’ho ancora sfogliato tutto”.

Il venditore rimase sorpreso e perplesso, era la prima volta, probabilmente, che si trovava in una situazione del genere, il suo sguardo divenne interrogativo, poi, improvvisamente con un linguaggio stentato disse: “Dare te 50 centesimi”. Era sicuro, avrebbe fatto un affare, avrebbe rivenduto il giornale quasi a prezzo intero.

Il signore, che aveva fatto la sua proposta d’istinto, per rabbia, senza alcuna intenzione di vendere veramente il giornale, restò a sua volta perplesso e rifletté.

Improvvisamente, nella sua mente avvertì come una rivincita, una vittoria contro i questuanti e i venditori abusivi disturbatori della quiete e disse: “Metti qui sul tavolo i 50 centesimi e prenditi il giornale”.

Lo scambio fu effettuato e tutti e due si incamminarono sotto il sole in direzioni opposte convinti entrambi di aver fatto l’affare della giornata.


Mentre camminava nell’aria afosa, rammaricandosi di aver dovuto abbandonare il suo posto privilegiato al bar, il signore improvvisamente capì che quelli che aveva considerato disturbatori della sua quiete, altri non erano che persone che stavano cercando un sostentamento alla loro povera giornata, sotto il sole cocente come anche nel freddo più pungente.

Al disagio dovuto al gran caldo si aggiunsero, allora, un profondo senso di tristezza e una intima, dolorosa vergogna.

 
Donato Ceci
    

 

 

 

 

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